L'AMMINISTRAZIONE E IL FUTURO DELLA COOPERAZIONE ITALIANA ALLO SVILUPPO (D.G.C.S.)

parte nona

Roma -

Il bilancio 2012 del MAE è decurtato di 206 milioni di Euro.

 

Questo è quello che è emerso dalla riunione del 3 ottobre ’11 con le OO.SS. tenuta dal Segretario Generale Amb. Giampiero Massolo e ribadito dal Capo dell’Unità di Coordinamento Min. Luigi Maria Vignali nell’incontro del 10 ottobre. L’informazione veniva anche diramata e dettagliata a tutto il personale il 3 ottobre ’11 con un messaggio messo in rete dall’Amministrazione. Sempre nel budget 2012 i fondi destinati alla DGCS risulterebbero tagliati di 93 milioni di Euro.

 

Queste ulteriori economie, sommate alla costante riduzione delle risorse destinate alle attività di cooperazione negli ultimi anni, limitano irrimediabilmente la disponibilità economica e l’operatività della DGCS.Se tale ipotesi si concretizzasse il 45% del totale dei risparmi del MAE deriverebbe da tagli alla cooperazione.Nel resto del Mondo la tendenza è del tutto opposta a quella del nostro paese.

 

La stessa Gran Bretagna, costretta ad una cura dimagrante dal governo conservatore in carica, ha lasciato intatti gli stanziamenti per la lotta internazionale alla povertà.

 

Il 22 giugno scorso il governo britannico ha presentato la manovra di correzione dei conti pubblici: un “bilancio di emergenza”, lo ha definito il Ministro delle Finanze, George Osborne. La maggior parte dei ministeri del Regno Unito dovrà tagliare le spese del 25 per cento in 5 anni. Ma, nonostante i provvedimenti anti-crisi, i soldi per la cooperazione sono aumentati: 11,5 miliardi di sterline in 4 anni, che, solo per fare un esempio, faranno salire la cifra a sostegno delle ONG/società civile e permetteranno di raggiungere, prevedibilmente, l’impegno dello 0,7% del Pil nel 2015.

 

Nel resto dell’Europa la tendenza è la medesima: i tagli toccano tutti i settori pubblici salvo quello della cooperazione allo sviluppo.

 

Anche paesi emergenti come il Brasile o la Cina stanno aumentando ogni anno i propri investimenti nel settore della cooperazione internazionale.In Italia si va nella direzione contraria.

 

I contributi per la cooperazione negli ultimi anni sono costantemente diminuiti prospettando per la prima volta ai vari partners (società civile, ONG) la scure dei licenziamenti.

 

Nel nostro paese la scelta di tagliare i fondi destinati all’APS non è il frutto di esigenze di bilancio ma di una precisa volontà politica. Riteniamo inammissibile che sia la cooperazione italiana a pagare le conseguenze della scarsa lungimiranza di un governo commissariato dalla BCE e di una politica estera troppo presente negli scenari di guerra internazionali.

 

Se solo si riducessero le spese militari del 5% sarebbe possibile mantenere inalterati gli stanziamenti per gli Aiuti Pubblici allo Sviluppo. Per le spese militari ci sono tre miliardi di euro l’anno, per la cooperazione allo sviluppo poche residuali briciole.

 

Chi vuole usare l'argomento della crisi economica non è credibile. Senza considerare la necessità di rispettare gli impegni internazionali che (ancora per poco) proiettano l’Italia nella platea dei principali donors internazionali, l’APS si configura oggi come un imprescindibile strumento di politica estera e una necessità in termini di governance delle sperequazioni economiche e sociali globali, nonché una scelta in ossequio ad un principio morale di solidarietà.

 

Nell’ultimo anno, al MAE, nonostante i continui solleciti da parte della USB e gli otto comunicati diramati, poco o nulla si è fatto per mettere al centro della discussione politica il “futuro della cooperazione italiana”.

 

Si è preferito continuare a perseguire alcuni interessi particolari a discapito dell’interesse generale senza quindi cercare una soluzione adeguata alla totalità delle questioni aperte rispetto alle quali, sinteticamente, suggerivamo:Costituzione di un ruolo e/o comparto di cooperazione all’interno del MAE con lo scopo principale di ridurre i costi amministrativi della DGCS;Rimodulazione dei contratti e riconoscimento della professionalità (profili professionali) di tutto il personale della DGCS a partire dal personale in posizione di comando e dal personale tecnico a tempo determinato in scadenza di contratto.

Invece di riordinare il “sistema cooperazione” con appropriati (innovativi) strumenti normativi è proseguita un’azione di inaridimento del suo tessuto vitale che ha indebolito sempre di più nelle fondamenta una struttura nata fragile.

 

Continuiamo a pensare e sostenere che aver rappresentato sic et simpliciter le richieste di una sola categoria di personale nella DGCS abbia spianato la strada a coloro che già da tempo avevano progettato la fine stessa della cooperazione.

 

Inviamo pertanto un disperato appello a tutti coloro (Diplomatici, Esperti UTC, personale di ruolo e comandato da altre amministrazioni dello Stato, OO.SS., società civile e mondo delle ONG) che hanno a cuore le sorti della cooperazione italiana  ad unirsi e compattarsi di fronte ad una prospettiva incerta che rischia drammaticamente, in brevissimo tempo, di diventare certa.A chi conviene il mantenimento della situazione attuale?

 

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